L’ottimizzazione fiscale con il marchio d’impresa

uomo in camicia bianca e cravatta, a mani giunte seduto ad una scrivania

L’ottimizzazione fiscale di un marchio rappresenta un aspetto cruciale nella gestione strategica di ogni azienda.

In un mercato globale sempre più competitivo e regolamentato, comprendere come sfruttare efficientemente le attività legate al marchio può generare significativi vantaggi finanziari e operativi.

Tuttavia, nell’era in cui la trasparenza finanziaria è fondamentale, l’ottimizzazione fiscale del marchio richiede un equilibrio accurato tra efficienza operativa e responsabilità fiscale: analizziamo gli aspetti principali di questa materia.

INDICE

In questo articolo ci concentreremo su:

1. Introduzione: l’importanza di registrare il marchio

2. Presupposti per l’ottimizzazione fiscale del marchio

3. Differenza tra cessione del marchio e concessione in licenza del marchio

4. Vantaggi patrimoniali (e non) del licensing di un marchio

5. Quali errori evitare nell’ottimizzazione fiscale di un marchio?

6. Conclusioni

1. Introduzione: l’importanza di registrare il marchio

Come noto, il marchio costituisce il perno identitario delle attività aziendali.

Per capitalizzarne il valore, le aziende più avvedute scelgono di avviare il processo di registrazione del marchio, che avrà esito positivo solo se rispetta precisi requisiti previsti dalla legge (Leggi questo articolo).

La registrazione offre una serie di vantaggi, sia in termini di salvaguardia legale che di sfruttamento commerciale del segno distintivo. In particolare, ne conferisce il diritto esclusivo di utilizzo, la protezione legale dall’impiego malevolo di terzi e l’utilizzo per fini di mercato.

Inoltre, la registrazione viene percepita positivamente dai consumatori, che lo considerano così come un segno di affidabilità del prodotto o servizio offerto.

È importante considerare anche un altro aspetto: una volta registrato, il marchio diventa più agevole cederlo, poiché è possibile individuare con certezza la proprietà e c’è maggiore certezza in merito alla sua capacità distintività e quindi che abbia un concreto valore economico.

Pertanto, se intendi monetizzare la registrazione del marchio è un presupposto fondamentale, sia nel caso di cessione, sia nel caso di eventuali contratti di licensing per utilizzo a terzi. 

Tuttavia la cessione della proprietà del marchio non è l’unico modo per monetizzare questo asset che può essere sfruttato per ottenere una rendita passiva concedendone l’uso ad un soggetto terzo.

L’ottimizzazione fiscale, infatti, è un concetto fondamentale nel panorama aziendale che mira a massimizzare i ricavi e, soprattutto, i margini, e la si può attuare anche attraverso la Licenza d’Uso del marchio che consente di ridurre la pressione fiscale e allocare le risorse verso altri settori maggiormente profittevoli come la crescita e l’innovazione ma va fatto nel pieno rispetto delle normative vigenti…

2. Presupposti per l’ottimizzazione fiscale del marchio

I presupposti fondamentali per implementare un’efficace strategia di ottimizzazione fiscale del marchio richiedono la valutazione di una serie di variabili che consentiranno di contestualizzare caso per caso questo processo, e ad identificare le soluzioni migliori.

Ci sono, tuttavia, tre presupposti fondamentali:

  • registrazione del marchio: un marchio non registrato non può essere dato in licenza ad un’azienda terza, dunque è obbligatoria la registrazione se si intende percorrere la strada dell’ottimizzazione fiscale. 
  • notorietà (valore intrinseco) del marchio: il marchio deve avere una certa notorietà. Se il marchio è sconosciuto, non è possibile monetizzare la concessione dell’utilizzo. Deve sussistere una motivazione che porta un’azienda ad avere un esborso economico per utilizzare un determinato marchio. Tuttavia un marchio può avere valore, ma allo stesso tempo non essere notorio. In questo caso è comunque possibile monetizzare la cessione.
  • due o più soggetti giuridicamente distinti: il titolare del marchio deve essere un soggetto distinto rispetto al Licenziatario. Quindi se il marchio è di proprietà di un’azienda o di una persona fisica questa lo potrà dare in licenza ad un’azienda terza.

Proprio in virtù di quanto appena detto il titolare di un marchio può concederlo in licenza anche alla propria società purchè sia un soggetto giuridico differente.

Questo accade ad esempio se si opera tramite società ma non è possibile fare la medesima operazione in caso di ditta individuale.

Infatti in quest’ultimo caso specifico non sussistono due soggetti  giuridicamente distinti (cioè due centri di imputazione di interessi), perché, per la legge, la Ditta non è altro che il nome commerciale dell’Imprenditore e dunque si è in presenza di un solo soggetto.

3. Differenza tra cessione del marchio e concessione in licenza del marchio

La cessione del marchio e la licenza di marchio sono due processi distinti che coinvolgono entrambi il trasferimento dei diritti legati a un marchio, nel primo caso in modo permanente, nel secondo solo di quelli relativi all’uso e per un tempo determinato.

Capire la differenza tra queste due situazioni è essenziale per stabilire quale strategia sia più appropriata per ottimizzare fiscalmente il marchio.

Innanzitutto, la cessione del marchio – che può essere permanente o temporanea – comporta il trasferimento a terzi della proprietà e dei diritti del marchio da un’azienda o persona (la cedente) a un’altra azienda o persona (la cessionaria).

In questo processo, il cessionario diventa il nuovo proprietario del marchio e ne assume i relativi obblighi e diritti di utilizzo, compresa la possibilità di adoperarlo per produrre e commercializzare beni o servizi. Il Cedente perde ogni diritto e controllo sul marchio. 

La licenza del marchio, al contrario, non comporta il trasferimento dei diritti di proprietà del marchio ma solo il diritto di uso per un periodo specifico e sulla base di uno specifico accordo previsto nel contratto di licensing.

Il licenziante mantiene la proprietà del marchio e conserva, in cambio di royalties, un certo livello di controllo sull’uso dello stesso. 

La scelta tra cessione e licenza di marchio dipende dagli obiettivi dell’azienda proprietaria del marchio. La cessione del marchio può essere appropriata quando l’azienda desidera disfarsi completamente del marchio e non ha più interesse a utilizzarlo oppure quando vuole fare una “exit” e quindi monetizzare la notorietà del brand.

 D’altro canto, la licenza di marchio è preferibile quando l’azienda vuole mantenere il controllo sul marchio ma desidera trarne vantaggio finanziario.

In quest’ultimo caso il licenziatario avrà invece interessa a sfruttare la notorietà del marchio per aumentare le vendite di prodotti o servizi.

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4. Vantaggi patrimoniali (e non) del Licensing

Dopo aver compreso le differenze tra Cessione e Licenza andiamo ad analizzare, dunque, quali vantaggi fiscali comporta concedere l’uso del proprio marchio mantenendo la proprietà.

I vantaggi immediati che si possono ottenere dando in licenza alla propria azienda il proprio marchio d’impresa, sono due, vengono percepite le royalties e si pagheranno meno tasse perché questi pagamenti sono sottratti dall’utile dell’azienda con un conseguente abbattimento dell’imponibile che porta a pagare meno imposte.

Le royalties, infatti, sono un costo per l’azienda che paga per poter utilizzare il marchio e che quindi costituiscono una voce di spesa.

Tuttavia è chiaro che se il marchio viene concesso in licenza alla propria azienda, quei pagamenti “escono da una tasca per entrare nell’altra”.

Tutto questo in perfetta conformità all’ordinamento.

. Le royalties, infatti, sono un costo per l’azienda che paga per poter utilizzare il marchio e che quindi costituiscono una voce di spesa. Tuttavia è chiaro che se il marchio viene concesso in licenza alla propria azienda, quei pagamenti “escono da una tasca per entrare nell’altra”.

Tutto questo in perfetta conformità all’ordinamento.

Facciamo degli esempi:

Esempio 1: senza royalties

L’azienda X ha generato un utile di 100.000 euro.

In sede di distribuzione dei dividendi dovrà pagare il 24% di IRES che ammonta a 24.000 euro.

Il socio percepisce (100.000 – 24.000) = 76.000 euro.

Esempio 2: con royalties

L’azienda X ha generato un utile di 100.000 euro.

Paga 15.000 euro per l’utilizzo del brand al socio titolare.

L’utile viene abbattuto e diventa 85.000 euro.

In sede di distribuzione dei dividendi dovrà pagare il 24% di IRES che ammonta a (85.000 – 24%) = 20.400 euro.

Il socio percepisce (85.000 – 20.400) = 64.600 euro + 15.000 euro (Royalties) per un totale di  79.600 euro.

Ecco che oltre ad aver risparmiato sulle imposte si riscontra anche un aumento di quanto percepito, tutto questo senza alcuna attività operativa.

A questo si aggiungono altri vantaggi. 

  1. Le royalties sono soggette ad una tassazione agevolata: l’imponibile è ridotto del 25% per tutti, addirittura per gli under 35 al 40%
  2. Gli importi, inoltre, sono tutti esenti IVA.
  3. Non si paga l’INPS: il reddito percepito non rileva a fini previdenziali, poiché il titolare non compie alcuna attività (si tratta a tutti gli effetti di una rendita passiva, dove il titolare remunera il proprio diritto sulla proprietà intellettuale).

A questi vantaggi di tipo patrimoniale se ne aggiungono poi di altri di differente natura. Ad esempio attraverso il licensing, un marchio può essere lanciato in nuove aree geografiche senza la necessità di investimenti diretti in infrastrutture o risorse locali.

I licenziatari locali, già radicati nel mercato di destinazione, gestiranno l’espansione e contribuiranno a promuovere il marchio. Inoltre, l’azienda licenziante può ridurre i rischi operativi associati alla produzione e alla distribuzione diretta dei prodotti o servizi, trasferendo parte della responsabilità e dei costi ai licenziatari.

Infine, Il licensing permette di sfruttare le competenze specializzate di terze parti, consentendo all’azienda licenziante di beneficiare dell’esperienza e delle risorse dei licenziatari nei rispettivi mercati di riferimento.

5. Quali errori evitare nell’ottimizzazione fiscale del marchio?

Quando si implementa una strategia di ottimizzazione fiscale del marchio, è fondamentale evitare alcuni errori comuni che potrebbero compromettere l’efficacia del piano fiscale o addirittura portare a potenziali problemi legali. 

  1. Non è possibile ottenere royalties se l’azienda licenziataria aveva già utilizzato il marchio a titolo gratuito. In caso di accertamento da parte dell’Autorità è infatti complesso giustificare perchè il marchio è stato utilizzato per diverso tempo senza un corrispettivo e, da un determinato giorno, si è dovuto pagare per fare quanto si faceva gratuitamente fino al giorno precedente.
  2. Allo stesso modo non si può pensare di registrare un brand e concederlo in licenza dopo poco tempo se il marchio non ha raggiunto una certa notorietà o un valore intrinseco come abbiamo visto sopra.
  3. Inoltre deve essere sempre dimostrabile un vantaggio tangibile per l’azienda. Infatti secondo il principio d’inerenza il marchio deve apportare un vantaggio concreto all’azienda che si può tradurre in un prezzo maggiore del prodotto o in un maggior numero di unità vendute e così via. 

Inoltre è molto importante imputare correttamente i costi di sponsorizzazione del brand al suo titolare e non a chi ne ha l’uso: tutte le attività volte a far crescere la notorietà del brand oppure a tenerlo attivo (come ad esempio i rinnovi presso gli uffici) devono essere sopportate dal titolare.

Infatti se questi costi venissero sostenuti da chi ha solo l’uso sarebbe facilmente contestabile, da parte delle autorità, la presenza di una situazione creata al solo fine di eludere le tasse ed ottenere dei vantaggi.

Ciò che può fare l’azienda licenziataria è effettuare campagne pubblicitarie sui prodotti che hanno impresso quel marchio in modo da aumentare le vendite.

Ecco che questo tipo di sponsorizzazioni può essere certamente imputato all’azienda. 

Se non si sta attenti è facile infatti essere sanzionati in quanto si tratta di comportamenti che difficilmente sono fiscalmente difendibili.

In questo caso si rischiano sanzioni che vanno dal 90% minimo al 180% della maggiore imposta dovuta per infedele dichiarazione.

Quindi dall’ottimizzazione fiscale si passa a dover pagare quasi 2 volte l’importo dell’imposta elusa.

6. Conclusioni

L’ottimizzazione fiscale del marchio richiede una pianificazione accurata e il rispetto di norme relative alla proprietà intellettuale, alla proprietà industriale e di natura fiscale.

Valutazioni superficiali e l’adozione di pratiche scorrette possono causare danni economici e reputazionali molto gravi al tuo business.

Occorrerà infatti prima valutare la fattibilità dell’operazione e, solo in caso di esito positivo della verifica, creare un apposito contratto di licensing che possa dettare le regole del rapporto e prevedere degli importi congrui a quelle che è la valutazione del valore del marchio.

Evita i contratti fai da te o formulari scaricati dal web, questi spesso sono ricchi di clausole nulle, inapplicabili o non adatte al tuo caso concreto e non fanno altro che metterti in difficoltà in caso di accertamento fiscale.

Affida ad un professionista la valutazione del valore del tuo marchio e la stesura del tuo contratto di Licensing.

Sono Alberto Caschili, consulente legale per il mondo digitale.