Mediazione Seller-Amazon: è la fine delle decisioni arbitrarie?

Nelle dinamiche che riguardano l’attività di vendita su Amazon uno degli aspetti più importanti è quello di non ledere la policy per evitare di subire delle percussioni per quanto riguarda l’operatività dell’account.

Talvolta le decisioni prese presentano degli aspetti oscuri e difficilmente condivisibili. In altre circostanze anche solo individuare quello che sia il motivo della sanzione comminata dal Marketplace risulta essere un’attività non così agevole. Tutto questo si riflette nella difficoltà di controbattere alla decisione presa dal portale, una vera e propria preclusione della facoltà di difesa e quindi del diritto di far valere le proprie ragioni. 

È forse anche superfluo ribadire l’importanza che hanno assunto i Marketplace al giorno d’oggi: milioni di transazioni online vengono svolte quotidianamente all’interno di questi portali, che vanno così a costituire una fetta di mercato davvero importante in riferimento al commercio online. Se da un lato, tuttavia, esistono delle norme che afferiscono direttamente al commercio elettronico regolandolo e limitandolo, fino ad oggi è venuta a mancare una norma che si riferisse esplicitamente ai Marketplace. 

L’esigenza era talmente attuale che è stato emanato un regolamento dell’UE volto ad erigere dei pilastri fondamentali su cui strutturare il rapporto tra gli utenti commerciali ed i servizi di intermediazione online. La norma in questione è il regolamento UE 2019/1150, che è entrata in vigore il 12 luglio 2020 e che ha come obiettivo conclamato quello di promuovere l’equità e la trasparenza tra utenti commerciali e Marketplace. 

Equità e trasparenza, due termini richiamati a più riprese nelle disposizioni della normativa: qui è specificato come non sia più possibile applicare delle sanzioni se non previste nel regolamento; si evidenzia inoltre la necessità di motivare in modo chiaro e preciso i provvedimenti sanzionatori nei confronti di chi usufruisce dei servizi. In altre parole Amazon deve specificare le ragioni per le quali si rischia la sospensione dell’account e deve motivare esattamente i provvedimenti con i quali notifica questo tipo di sanzione. 

Ma c’è ancora un elemento di fondamentale importanza imposto dalla normativa, ossia la scelta di un mediatore che possa ergersi a giudice terzo e imparziale per dirimere le controversie tra i protagonisti di questo rapporto.

Amazon finalmente si è conformato alla normativa europea, effettuando la scelta del mediatore. Il servizio di mediazione è fornito dal Center for Effective Dispute Resolution (CEDR), che nominerà un mediatore scelto all’interno dell’Amazon Seller Mediation Panel. All’interno di questa commissione sono presenti degli appositi arbitri, i quali hanno specifiche conoscenze tecniche per le materie oggetto delle controversie con Amazon: a seconda della problematica in essere verrà scelto il mediatore più adeguato alla risoluzione della stessa.

Le pratiche idonee per la mediazione

Non tutte le dispute possono essere portate davanti al mediatore. Non sono idonee quelle che riguardano:

  1. Logistica di Amazon
  2. Account Amazon payments Europe
  3. Amazon payments UK limited

Di conseguenza non potranno essere valutate le questioni relative alla perdita, danneggiamento delle merci stoccate nei Fulfillment Center o relative alla creazione del Profilo Venditore. Qualsiasi controversia inerente a tali casistiche, dovrà essere risolta nei modi tradizionali, poichè non è giudicabile dal mediatore.

Invece possono essere sindacate in mediazione tutte le questioni relative alla disattivazione degli ASIN, blocco del saldo e rimozione dei privilegi di vendita e disattivazione dell’Account Seller Central.

Le controversie non accoglibili: i paletti imposti da Amazon

Sarà Amazon a valutare se la controversia sia meritevole di essere portata all’attenzione del mediatore. Esistono infatti ulteriori criteri che devono essere rispettati per poter accedere alla mediazione. In particolare, è necessario che si sia tentato di risolvere internamente la disputa con Amazon presentando un piano d’azione. È quindi necessario intraprendere la tradizionale via del ricorso e attendere una risposta prima di adire l’arbitro.

Un altro requisito è quello di non aver già usufruito del processo di mediazione sullo stesso oggetto, ciò significa che solo e soltanto una volta si potrà scomodare il mediatore per la medesima problematica e non sarà possibile appellarsi alla decisione presa. 

È inoltre necessario che, al momento della mediazione, il seller abbia sede legale all’interno dell’Unione Europea o nel Regno Unito. Questo perché si tratta di una normativa che si applica agli stati membri.

Ancora, non devono essere trascorsi più di sei mesi dall’ultima comunicazione con Amazon e il venditore deve aver avuto annunci attivi nell’account a cui si riferisce la controversia.

Gli ultimi due requisiti meritano un’attenzione particolare. Nel primo caso, infatti, Amazon pone un limite temporale alla possibilità di attivare la procedura di mediazione, pertanto risulta molto importante monitorare tempi e date relative alle comunicazioni intercorse. Questo termine preclude l’accesso a tutte quelle controversie per le quali Amazon, ad esempio, ha smesso di rispondere da più di sei mesi. Bisogna fare molta attenzione, quindi, a non inviare dei piani d’azione non conformi o privi delle soluzioni accettabili da Amazon: in questo caso il colosso dell’eCommerce potrebbe possa anche smettere di rispondere.

A questo punto è facoltà del seller decidere entro sei mesi dall’ultima notifica se proseguire davanti al mediatore, consapevole del fatto che, trascorso il termine, molto probabilmente non avrà più la possibilità di ribaltare l’esito della decisione.

Il punto relativo agli annunci attivi, invece, preclude l’accesso alla tutela a tutti gli account che non hanno mai superato il processo di attivazione, insieme a quelli che, pur avendo superato questa fase, non hanno mai avuto il tempo di listare un prodotto del proprio inventario. Questo rappresenta in effetti un grande limite, in quanto situazioni potenzialmente molto onerose a livello economico, non potranno essere sindacate con l’utilizzo di tale strumento. Ad esempio, nel caso in cui si verificasse il danneggiamento della propria merce inviata in logistica, con conseguenti perdite ingenti, non si potrà comunque ottenere tutela davanti al mediatore se non si è mai avuto un’offerta attiva.

Si tratta senza dubbio di un’esclusione le cui ragioni sono difficili da comprendere.

Come si richiede la procedura di mediazione su Amazon

La procedura si avvia direttamente attraverso l’apposito form del seller central: è necessario inviare i dettagli della controversia per la quale si richiede l’intervento del mediatore, insieme alle ragioni a supporto della propria contestazione ed all’eventuale caricamento di documenti. In breve, ciò che è necessario fare è inserire quanto riportato nella notifica inviata da Amazon e quanto contenuto nel piano d’azione in risposta. Se presenti, inoltre, devono essere inseriti i numeri dei casi casi ai quali si riferisce la controversia, va selezionata la lingua con la quale si svolgerà la procedura (a scelta tra inglese, olandese, francese, spagnolo, italiano e tedesco) e infine inviata una copia firmata del contratto di attribuzione incarico al CEDR. A questo punto la richiesta verrà esaminata e, nell’arco dei successivi 10 giorni, Amazon potrà confermare la sua decisione, assegnando al caso un codice univoco necessario per instaurare la controversia davanti al mediatore, oppure giungere ad una risoluzione.

Un aspetto, quest’ultimo, di fondamentale importanza, in quanto Amazon si riserva un’ultima possibilità di mutare quella che è la propria decisione e non si può affatto escludere che, mostrando la seria intenzione di procedere davanti ad un soggetto terzo, possa in qualche modo ravvedersi rispetto alla propria posizione ed accogliere la tua istanza. Del resto subire una decisione sfavorevole da parte di un arbitro non farebbe piacere a nessuno, men che meno ad Amazon.

Nel caso, invece, dovesse confermare la sua decisione e fornire al seller il codice univoco, lo stesso dovrà essere inserito nel sito del CEDR; entro trenta giorni verrà quindi nominato un arbitro e nei successivi quaranta perverrà ad una decisione. Si tratta di una procedura molto snella e veloce rispetto ai tempi canonici della giustizia tradizionale. 

Quanto costa un procedimento di mediazione con Amazon

Ma quali sono i costi di questo procedimento? È il mediatore a stabilire la tariffa per la procedura e, nel caso di specie, il CEDR richiede il versamento di € 538,00 per occuparsi della pratica. Tuttavia, per imposizione del regolamento UE 2019/1150, una ragionevole parte deve essere sostenuta anche dal Marketplace; il quantitativo non è fissato d’ufficio, quindi Amazon ha scelto di sostenere il 50% del costo della mediazione

Ne consegue che attivare questa procedura costerà al seller € 269,00, che andranno pagati direttamente all’arbitro al momento dell’inserimento della domanda nel suo portale. Qualora la decisione del mediatore risultasse favorevole al seller il CEDR rimborserà l’intera somma da questi sostenuta; laddove invece l’arbitro dovesse pronunciarsi a favore di Amazon, l’importo non verrà rimborsato ma non sarà richiesto di rimborsare la parte sostenuta da Amazon.

In qualunque caso, quindi, Amazon sarà tenuto a sostenere un esborso.

L’efficacia delle decisioni del CEDR

Un aspetto da tenere in considerazione è riferito al valore della decisione da parte del mediatore. Le sue decisioni, infatti, non hanno efficacia vincolante; di conseguenza, nonostante non sia ritenuta corretta la decisione di Amazon, è possibile che quest’ultimo la confermi e che non si adegui a quanto disposto dall’arbitro. Il comportamento conforme da quanto deciso ha carattere volontario e non può essere preteso coattivamente.

Mediazione delle controversie del venditore: uno strumento dal grande potenziale

L’efficacia della decisione dell’arbitro non deve trarre in inganno, si potrebbe infatti pensare che Amazon si possa costantemente e ripetutamente disinteressare della decisione e confermare quello che è il proprio volere. Ma ciò sarebbe un palese raggiro di quello che è il regolamento dell’Unione Europea che, ricordiamolo, si fonda sulla trasparenza e sull’equità. Inoltre Amazon, in caso di decisione sfavorevole, subirebbe un esborso di denaro che, moltiplicato per il numero di controversie che riceve, non sarebbe per nulla irrilevante. Va considerato, infatti, come le spese vive del colosso dell’eCommerce non si limitino a quelle di istruttoria, ma vadano a coprire anche il compenso per i professionisti che per suo conto dovranno seguire le pratiche.

Inoltre, subire delle decisioni contrarie alle proprie può comportare anche un danno d’immagine che Amazon difficilmente potrebbe accettare. Ed è proprio questo uno dei motivi per cui si è ritagliato la possibilità di raggiungere una soluzione preventiva al momento della richiesta nel seller central: in questo modo eviterebbe ogni situazione negativa, non subirebbe alcun esborso pecuniario, non utilizzerebbe le risorse interne per seguire lo svolgimento della procedura e non rischierebbe di subire nessun danno d’immagine.

È sicuramente qualcosa di rivoluzionario, unico nel suo genere, un’arma potenzialmente importante in mano ai seller.

Difficile stabilire se sia terminata o meno l’epoca delle decisioni arbitrarie prese da Amazon, ma ciò che è certo è che da oggi rifletterà un po’ di più prima di agire.