Amazon, ma quale prezzo equo: il caso tedesco e le conseguenze per i seller 

a di Amazon di colore nero su fondo arancione

Il 2 giugno 2025 potrebbe esser ricordata come una data di rilievo per la storia di Amazon in Europa: il Bundeskartellamt, l’autorità antitrust tedesca, ha infatti emesso una valutazione preliminare che mette in discussione la politica dei prezzi del marketplace e, in particolar modo, il processo attraverso cui viene determinato il prezzo equo. 

Per chi segue con attenzione le vicende che riguardano Amazon nel vecchio Continente, la notizia è tutt’altro che una sorpresa.

Piuttosto, è un nuovo tassello di una lunga storia di tensioni che sta interessando le autorità europee e i giganti del digitale. E non è un caso che la questione tedesca si inserisca in un contesto più ampio di regolamentazione europea che include – tra gli altri – il Digital Markets Act (DMA) e le nuove normative sui mercati digitali. 

Ma su cosa si fondano i sospetti del Bundeskartellamt? Come si sta difendendo Amazon? E, soprattutto, che cosa potrebbe cambiare per i seller?

Nelle prossime righe ho cercato di riepilogare quanto accaduto, in modo semplice e diretto, condividendo quel che penso di questa vicenda e ciò che potrebbe accadere.

Naturalmente, se vuoi sottopormi delle domande ancora più specifiche o vuoi condividere con me eventuali consulenze sul tuo account da venditore su Amazon, puoi sempre contattarmi qui.

Indice

  • Su cosa si fonda il parere preliminare del Bundeskartellamt?
  • L’accusa: il controllo algoritmico dei prezzi
  • La posizione di Amazon
  • La mia posizione
  • Conclusioni e scenari futuri

Su cosa si fonda il parere preliminare del Bundeskartellamt?

In questa vicenda, la prima cosa che ritengo importante chiarire è che il Bundeskartellamt ha basato la sua valutazione preliminare su una norma specifica del diritto tedesco, l’articolo 19a del GWB (Gesetz gegen Wettbewerbsbeschränkungen).

La disposizione è stata introdotta qualche anno fa per affrontare con maggiore incisività i pericoli della iniqua concorrenza nell’era digitale e si applica alle aziende che hanno “un significato fondamentale per la concorrenza sul mercato”. 

Ora, con una quota di mercato del commercio digitale tedesco pari al 60%, non stupisce che Amazon sia stata designata di questo status nel 2022, e che la Corte federale di giustizia tedesca abbia confermato due anni dopo tale giudizio.

L’attribuzione dello status di società di grande rilevanza non è un dettaglio: conferisce infatti al Bundeskartellamt poteri speciali per intervenire in modo preventivo, prima che i danni alla concorrenza si consolidino.

La norma §19a è infatti stata costruita dal legislatore per essere “anticipatoria”. Invece di aspettare che si verifichino pregiudizi concreti, consente alle autorità di agire quando identificano pratiche che potrebbero minacciare una competizione equilibrata. 

Parallelamente al diritto tedesco, il Bundeskartellamt ha altresì invocato l’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che vieta l’abuso di posizione dominante.

Una norma che costituisce il pilastro del diritto Antitrust europeo e che si applica quando un’azienda dominante adotta comportamenti che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri.

L’uso combinato di entrambe le normative sottolinea la gravità delle preoccupazioni dell’autorità tedesca e, oltretutto, il fatto che non si tratti certamente di una mera questione nazionale, bensì di una fattispecie che potrebbe avere ripercussioni per i seller di tutta l’Unione Europea. 

Non è certamente un caso che il Bundeskartellamt abbia lavorato in stretta collaborazione con la Commissione europea durante l’istruttoria, con un approccio coordinato che potrebbe influenzare le decisioni assunte sulle politiche di Amazon in tutti i mercati europei, e con un potenziale effetto domino che potrebbe cambiare almeno in parte le dinamiche competitive europee.

L’accusa: il controllo algoritmico dei prezzi

Per comprendere più nel dettaglio quali siano le preoccupazioni del Bundeskartellamt credo utile riepilogare in brevità come funziona il sistema di controllo dei prezzi di Amazon perché è proprio dal suo meccanismo che deriva buona parte delle contestazioni dell’authority tedesca.

La piattaforma utilizza infatti degli algoritmi sofisticati che monitorano costantemente i prezzi delle offerte e li confrontano con parametri interni non sempre trasparenti. Il meccanismo si basa su tre livelli di classificazione delle anomalie:

  • Errori di prezzo: prezzi considerati chiaramente sbagliati
  • Prezzi significativamente alti: prezzi che Amazon ritiene eccessivi rispetto al mercato
  • Prezzi non competitivi: prezzi che non rispettano gli standard di competitività della piattaforma

Quando un prezzo viene classificato in una di queste categorie, Amazon può adottare misure graduali: dall’esclusione dalla Buy Box alla riduzione della visibilità nei risultati di ricerca, fino alla rimozione completa dell’offerta dal marketplace.

A costituire l’aspetto più annoso della vicenda è proprio la Buy Box, che è l’opzione di acquisto predefinita che appare quando un cliente visualizza un prodotto: per un seller perdere la Buy Box significa praticamente perdere la maggior parte delle vendite, anche se il prodotto rimane tecnicamente disponibile sulla piattaforma.

Dinanzi a tale scenario, il Bundeskartellamt ha identificato tre problematiche principali nel sistema di controllo dei prezzi di Amazon:

  1. Discrezionalità algoritmica. I criteri utilizzati dagli algoritmi di Amazon per classificare i prezzi non sono sufficientemente trasparenti o verificabili. I seller spesso si trovano a dover “indovinare” quali siano i parametri che determinano l’accettabilità di un prezzo, creando un clima di incertezza che può influenzare negativamente le strategie commerciali.
  2. Conflitto di interessi. Amazon opera sia come marketplace che come venditore diretto, creando una situazione in cui le regole sui prezzi potrebbero favorire i propri prodotti rispetto a quelli dei seller terzi. Una doppia veste che solleva interrogativi sulla neutralità delle politiche di pricing.
  3. Effetto lock-in. La pratica di Amazon di allinearsi sistematicamente ai prezzi più bassi trovati su altre fonti potrebbe creare barriere all’uscita per i seller, che si trovano costretti a rimanere sulla piattaforma anche quando vorrebbero diversificare i propri canali di vendita.

Chi vende su Amazon conosce molto bene queste preoccupazioni, che riflettono esperienze che molti seller vivono quotidianamente.

La sensazione di essere “in balia” di algoritmi opachi è fattore costante nelle consulenze che erogo ai venditori Amazon, e che spesso si trovano a dover adattare le proprie strategie di business a regole che non comprendono a fondo, lasciandoli in una posizione di forte vulnerabilità.

La posizione di Amazon

Come era facilmente prevedibile, Amazon ha respinto fermamente le accuse del Bundeskartellamt, articolando la sua difesa su alcuni punti. 

Prima di tutto, la piattaforma sostiene che la sua politica dei prezzi è progettata per tutelare i consumatori e garantire un’esperienza di acquisto ottimale.

Secondo Amazon, infatti, i controlli sui prezzi servono a proteggere i clienti da pratiche scorrette, come quelle dei prezzi gonfiati artificialmente o le strategie di pricing “predatorie”.

La piattaforma argomenta che senza questi controlli, i consumatori potrebbero essere esposti a prezzi ingiustificatamente elevati, compromettendo così la fiducia nel marketplace.

Inoltre, Amazon sostiene che le sue politiche sono trasparenti e comunicate chiaramente ai seller attraverso la documentazione ufficiale e le comunicazioni dirette. Insomma, per Amazon i seller hanno tutti gli strumenti e risorse utili per comprendere e rispettare le policy sui prezzi.

Non solo. Secondo Amazon una modifica dell’attuale sistema di controllo dei prezzi sarebbe un rischio sia per i consumatori che per i partner di vendita.

La piattaforma ritiene che la sua capacità di mantenere prezzi competitivi è uno dei fattori che ha contribuito al successo del marketplace e alla soddisfazione dei clienti, e un cambiamento potrebbe pertanto apportare un grave pregiudizio all’elemento centrale di tutta la sua attenzione, i clienti finali.

Si tratta però di una posizione che non convince del tutto le autorità di regolamentazione, che vedono invece nella concentrazione di potere nelle mani di Amazon un rischio per la concorrenza e l’innovazione nel lungo termine.

Chi avrà la meglio? Provo a illustrare qualche possibile effetto nel prossimo paragrafo.

La mia posizione sulla questione.

La mia visione, maturata alla luce di decine di pratiche di riattivazione di questo tipo, è netta su alcuni punti e meno certa su altri.

Di sicuro Amazon dovrebbe indicare con chiarezza e definitivamente i criteri che influenzano l’ottenimento (o la perdita) dell’offerta in evidenza, la buybox per intenderci, e dovrebbe indicare anche una scala di valore di importanza di questi.

Empiricamente tutti i seller sanno che le variazioni di prezzo elevate, sia in aumento che in diminuzione, possono comportare la perdita della buy box ma non viene indicato dettagliatamente se c’è un limite, se ci sono dei periodi dell’anno in cui è più sensibile, oppure categorie di prodotto o numero di volte in cui può essere fatto.

Insomma servirebbe avere certezza di tutti questi aspetti per evitare di trovarsi, da un giorno all’altro, tagliato fuori dalle vendite.

A maggior ragione se anche Amazon distribuisce lo stesso prodotto e quindi compete, direttamente con gli altri venditori. In questo caso come possiamo verificare che anche Amazon rispetti le sue regole se non esiste una policy dove poterle visionare.

I seller, attualmente, non possono far altro che fidarsi di quanto più volte ribadito da Amazon, anche alle stesse Autorità, in riferimento al fatto che le medesime regole applicate ai seller sono rispettate da Amazon con i suoi marchi, di conseguenza non ci sarebbero vantaggi per le proprie offerte.

Ora, questo può anche essere vero ma le variazioni di prezzo fatte da Amazon sono settate sulla base della conoscenza dei parametri entro i quali si può variare il prezzo quindi, vien da sè che tolto un errore un amazon, non ci saranno mai delle disattivazioni di prodotti riconducibili al colosso.

Per quanto concerne infine la questione dell’effetto di trattenere i seller sulla piattaforma devo dire che spesso succede il contrario, ossia che fuori da Amazon si trovino dei prezzi tendenzialmente più alti della piattaforma.

Se Amazon si limitasse a pareggiare i prezzi esterni porterebbe ad un possibile innalzamento dei prezzi sulla piattaforma a svantaggio per i consumatori e per il libero sviluppo del mercato.

QUesta argomentazione è certamente la più instabile e andrebbe giudicata sulla base di statistiche che indichino se effettivamente il problema riguarda l’abbassamento dei prezzi o l’aumento.

Conclusioni e scenari futuri

Tutto ciò chiarito, voglio spingermi un po’ oltre e cercare di capire quali potrebbero essere le conseguenze per i seller.

Per prima cosa, è utile chiarire che l’istruttoria del Bundeskartellamt potrebbe concludersi in diversi modi, ciascuno con implicazioni specifiche per i seller:

  1. Archiviazione. Se Amazon riuscisse a dimostrare che le sue pratiche sono proporzionate e giustificate, l’autorità potrebbe decidere di non procedere. Lo scenario manterrebbe lo status quo, ma il percorso è comunque considerato poco probabile, data la fermezza della valutazione preliminare e il clima di crescente insoddisfazione che in ambito europeo si registra nei confronti della scarsa trasparenza delle politiche di prezzo di Amazon.
  2. Impegni volontari. Come già accaduto in passato, Amazon potrebbe rispondere offrendo degli impegni volontari per modificare le sue pratiche in modo da rispondere alle preoccupazioni dell’autorità. Tra le aperture che potrebbe concedere, una maggiore trasparenza nei criteri di pricing o le modifiche ai meccanismi della Buy Box.
  3. Sanzioni e obblighi. Nello scenario più severo, il Bundeskartellamt potrebbe imporre sanzioni pecuniarie e obblighi strutturali, richiedendo ad Amazon di modificare sostanzialmente le sue politiche sui prezzi.

Per i seller, seguire l’evoluzione di questo caso (le cui conclusioni non sono certamente attese nel brevissimo termine!) è sicuramente di grande interesse.

Da un lato, infatti, eventuali modifiche alle politiche di Amazon potrebbero offrire maggiore libertà nella definizione dei prezzi e ridurre l’incertezza algoritmica. Dall’altro, cambiamenti troppo drastici potrebbero alterare gli equilibri competitivi del marketplace.

Considerato che ritengo molto importante anticipare le novità, credo che i venditori dovrebbero già prepararsi a diverse evoluzioni. Proviamo ad abbozzare qualche novità strategica.

In primo luogo, è possibile che – al di là dell’esito della vicenda tedesca – Amazon sarà più propensa a fornire informazioni più dettagliate sui criteri utilizzati per valutare i prezzi, aiutando i seller a ottimizzare le loro strategie di pricing. 

Inoltre, l’attenzione delle autorità sul lock-in potrebbe spingere Amazon a rendere più facile per i seller operare su più piattaforme contemporaneamente, richiedendo ai venditori un migliore coordinamento tra i diversi canali commerciali.

Insomma, è ben possibile che i sistemi di controllo dei prezzi potrebbero diventare più sofisticati ma anche più trasparenti, con criteri chiari e verificabili.

Per certi versi, possiamo considerare il caso tedesco come uno dei banchi di prova per la regolamentazione dei mercati digitali in Europa. La sua risoluzione potrebbe definire nuovi standard per la gestione dei marketplace e influenzare le politiche di altre piattaforme. 

Per saperne di più e avere una consulenza personalizzata sul tuo business su Amazon, puoi contattarmi qui.