Si può vendere online (e non) senza Partita IVA?

Partita IVA

“È possibile vendere senza essere titolare di Partita IVA?”

“Vorrei iniziare a provare a vendere online per poi regolarizzare la mia posizione una volta raggiunti i € 5.000 di fatturato”.

“Parto in regime forfettario così ho meno spese”.

Queste sono solo alcune delle considerazioni che mi rivolgono più spesso gli aspiranti imprenditori, soprattutto i più giovani.

In questo articolo andremo a dare una risposta definitiva proprio a questi quesiti, chiarendo una volta per tutte anche il dubbio più ricorrente: quali sono i costi base di una Partita IVA per svolgere l’attività di commercio elettronico?

Indice

Quando è necessario aprire una Partita IVA per vendere online

Per capire se sia necessario aprire la Partita IVA occorre prima di tutto analizzare il tipo di attività che si andrà a svolgere. 

In particolar modo, l’attività di vendita può essere saltuaria, non organizzata e non abituale, in altri termini occasionale. Ancora, può essere continuativa, organizzata, può richiedere una pianificazione, una struttura, degli strumenti e dei collaboratori, insomma può essere professionale.

Facciamo ora degli esempi per una maggiore chiarezza.

Se decido di vendere dei prodotti che non uso più e che sono presenti nella mia abitazione, quella è una vendita occasionale.

Se contatto un fornitore, contratto un prezzo per 500 unità di un prodotto, me lo faccio spedire in magazzino, creo un sito e lo metto in vendita, quella è una vendita professionale.

E se dovessi imbattermi in uno stock di prodotti conveniente e decidessi di acquistarlo per rivenderlo? Ricadrebbe nel primo esempio o nel secondo?

Dipende.

Se l’attività in questione si basa esclusivamente sull’individuazione di promozioni di questo tipo, che in linea teorica potrebbero non ripresentarsi anche per mesi, l’argomentazione della vendita sarebbe accreditabile.

D’altro canto, tuttavia, si potrebbe obiettare che già tutta la fase di ricerca possa comprendere in sé una qualche forma di organizzazione, ad esempio nel prendere contatti con i grossisti; l’attività in questo caso parrebbe intrinsecamente professionale.

Le due interpretazioni sono entrambe valide, ma presentano delle criticità.

C’è inoltre da dire che giustificare come occasionale all’Agenzia delle Entrate un’attività caratterizzata dalla vendita di più unità del medesimo prodotto non è affatto facile e, in caso di accertamento con parere negativo, ciò potrebbe essere causa di pesanti sanzioni.

Abbiamo capito quindi che per individuare l’obbligo di apertura della Partita IVA è necessario che l’attività sia professionale, così come i requisiti per la quale la stessa è considerata tale sono difficilmente aggirabili.

In conclusione, nella maggior parte dei casi la risposta è affermativa: per vendere online, avviare un eCommerce (professionalmente), anche in dropshipping, è necessario avere la Partita IVA!

Ma perché è sorto il dubbio rispetto ad un concetto così semplice?

Perché è stata male interpretata la norma che consente di poter avere dei collaboratori regolari, senza Partita IVA, fino al limite di € 5.000 l’anno o di un determinato ammontare orario.

Ciò non riguarda il singolo che vuole vendere online, bensì le collaborazioni dove è presente un soggetto che, tramite ritenuta d’acconto, regolarizza la posizione del collaboratore, entro i limiti precedentemente indicati.

Pertanto la situazione è ben diversa: chi vende online in modo professionale, anche se fattura € 0,01 cent all’anno, deve avere Partita IVA, diversamente la sua attività non sarebbe a norma.

Le tesi contrarie, che aprono a diverse interpretazioni e creano di fatti la tanta confusione che c’è attorno all’argomento, sono profondamente errate e non trovano alcun fondamento normativo.

Partita IVA: regime ordinario o regime forfettario?

È doverosa una breve considerazione sul regime fiscale che meglio si sposa con l’eCommerce, ricordando che in materia è sempre consigliato rivolgersi al proprio commercialista per avere tutte le informazioni e le delucidazioni del caso.

Il regime forfettario è caratterizzato da una contribuzione fiscale agevolata ed è pensato per i piccoli imprenditori che non superano il tetto dei € 65.000 di fatturato all’anno.

Come dice la parola stessa viene applicato un coefficiente di redditività, a forfait, facendo una stima aprioristica dei costi, che può sostenere una determinata attività durante l’anno.

Ogni attività è individuata da un Codice ATECO, che per l’eCommerce è 47.91.10 ed è fissato al 40%.

Ciò significa che chi fa commercio elettronico paga le tasse sul 40% del fatturato perché, sulla base del ragionamento appena condotto, il 60% dei ricavi si presume siano costi.

L’aliquota è fissata al 15%, che si riduce al 5% per i primi 5 anni.

Facciamo un esempio concreto.

immaginiamo che un nuovo eCommerce in regime forfettario abbia fatturato € 50.000. Il proprietario dovrà corrispondere il 5% (per i primi cinque anni) del 40% del suo fatturato. Il 40% del fatturato ammonta a € 20.000 (€ 50.000 x 40% = €20.000) e l’imposta sostitutiva è pari a € 1.000 (€ 20.000 x 5% = € 1.000).

A questi si aggiungono i costi fissi della Partita IVA, che devono essere versati anche se il fatturante annuo è nullo, e ammontano a  € 3.600€; essi possono essere ridotti del 35%,  ma andranno versati anche in caso di regime ordinario.

Insomma, alla luce di quanto appena detto, sembra essere un regime molto competitivo e vantaggioso. E lo è.

Vi sono inoltre ulteriori vantaggi:

  • L’esonero dell’applicazione dell’IVA (con la conseguenza di poter applicare prezzi più competitivi)
  • L’esonero dalla registrazione delle fatture (con un risparmio in termini di costi di gestione della contabilità)
  • L’esonero della fatturazione elettronica (con vantaggio in termini di costi di abbonamenti dei software necessari per l’emissione) 

Partita IVA in regime forfettario: non ci sono solo vantaggi

Il risvolto della medaglia è che non si può scaricare alcuna spesa, questo sempre perché viene applicato, forfettariamente, il coefficiente di redditività del 40%.

Quindi l’IVA è un costo per i forfettari perché non esiste e quando vengono acquistati gli stock dai fornitori bisogna tenerne conto.

Se si hanno dei collaboratori, la loro retribuzione non può essere sottratta e sulla stessa si pagheranno le tasse.

Il medesimo discorso può essere fatto sulle spese necessarie per effettuare le vendite (software, piattaforme, pubblicità, advertising, ecc.) perché nulla può essere scaricato.

Ne consegue che tale regime non è adatto se si hanno tante spese o comunque delle spese che eccedono il 60% dei ricavi.

Alla luce dei pro e dei contro che abbiamo appena approfondito, ritieni che possa essere un regime valido per la tua attività?