Criteri di posizionamento prodotti e natura del venditore. Ecco cosa devi inserire nell’e-commerce

Tra le novità più importanti introdotte dalla direttiva Omnibus, di cui gli e-commerce manager e gli operatori del diritto stanno studiando i vari aspetti, oltre alla regolamentazione di tutto ciò che riguarda il mondo delle recensioni e quello della riduzione di prezzo o dello sconto che dir si voglia, c’è quella relativa al posizionamento di una offerta nella classifica delle ricerche.

In sostanza si è sentita la necessità di imporre al titolare dell’ecommerce di indicare perché un prodotto viene mostrato prima di altri durante una ricerca, oltre che comunicare chiaramente se svolga quell’attività di vendita come privato o come venditore professionale, questo perché la differente natura del venditore comporta l’applicazione di regole di legge differenti che possono incidere, in modo determinante, sui diritti e le garanzie dei consumatori.

Andiamo nel dettaglio.

Criteri per classificazione prodotti

Diversi studi sul comportamento dei consumatori hanno dimostrato che la classifica dei risultati delle ricerche di prodotti, negli ecommerce o sui motori di ricerca stessi, influenzi fortemente le scelte di consumo, che possono tradursi nell’acquisto di un certo bene o servizio, a dispetto di un altro. Per dirlo in altre parole le prime offerte hanno una probabilità di essere scelte del 47% superiore alle altre presenti nella stessa lista, oltre al fatto che circa l’80% dei consumatori si sofferma soltanto sulla prima pagina dei risultati di ricerca. 

Questo spinge le piattaforme a modificare e manipolare i risultati di ricerca, così da far apparire nelle prime posizioni i prodotti che le stesse piattaforme ritengono più opportuno mettere in risalto, non obbligatoriamente perché sono affini con la ricerca del consumatore.  

Oltre infatti alle inserzioni sponsorizzate tramite le quali il Merchant paga per far visualizzare la sua inserzione prima delle altre tramite un meccanismo ad asta, i criteri di posizionamento che non prevedono un esborso di denaro, quelli organici, sono altrettanto importanti e regolati da vari criteri.

Ecco appunto che tra le tante novità introdotte dalla direttiva Omnibus è presente quella di dare al consumatore la possibilità di conoscere i criteri tramite i quali un determinato prodotto viene mostrato prima di altri quando viene effettuata una ricerca all’interno dell’e-commerce. In sostanza la piattaforma potrà sempre scegliere i prodotti ritenuti conformi alla ricerca come ad esempio quelli visualizzati accompagnati dalla dicitura “prodotto più pertinente”, ma dovrà indicare quali siano stati i presupposti che hanno portato a quella visualizzazione 

È chiaro, con questo non s’intende che dovranno essere divulgati i segreti industriali e il know-how delle piattaforme, ma deve essere fornita una spiegazione che chiarisca quale sia il principio secondo il quale un prodotto viene visualizzato prima di un altro. 

Il legislatore Europeo è pertanto intervenuto per far sì che i consumatori siano sempre più informati e siano quindi consapevoli delle scelte che compiono sul web.

In Italia, la normativa sarà recepita modificando l’art.22 del codice del consumo, al comma 4-bis che considera questo aspetto come informazione rilevante, inquadrando la mancata applicazione o omissione come ingannevole nei confronti dei consumatori.

Nel caso in cui sia fornita ai consumatori la possibilità di cercare prodotti offerti da professionisti diversi sulla base di una ricerca sotto forma di parola chiave, frase o altri dati, come avviene ricercando un prodotto su Amazon, eBay o altro marketplace e sul proprio eCommerce,  è necessario rendere disponibile, in un’apposita interfaccia online, direttamente e facilmente accessibile dalla pagina in cui sono presentati i risultati della ricerca, i parametri principali che determinano la classificazione dei prodotti presentati al consumatore come risultato della sua ricerca e l’importanza relativa di tali parametri rispetto ad altri. 

Va detto inoltre che questa norma non si applica ai fornitori di motori di ricerca online come ad esempio Google o Bing o ai Marketplace. Quindi è una disposizione specifica per gli e-commerce.

Per i primi, infatti, esiste già il Regolamento 1150/2019, conosciuto anche come Regolamento P2B (Platform to Business) che prevede la stessa necessità ma con riferimento alle piattaforme e, per l’appunto ai motori di ricerca. 


Oltre a questo viene considerata come pratica commerciale ingannevole anche che vengano mostrati dei risultati di ricerca sponsorizzati (a pagamento), senza che sia chiaramente indicato che gli stessi sono delle ADV in modo da informare che vi sia stato un pagamento specifico per ottenere una classificazione migliore dei prodotti all’interno di tali risultati e quindi venire mostrati prima degli altri risultati di ricerca. 

Si vuole quindi evitare che il consumatore che effettui una ricerca non riceva messaggi pubblicitari senza essere informato, né che quel determinato prodotto che viene mostrato al consumatore sia il frutto di una pubblicità occulta

un artigiano falegname con camice che intaglia il legno
Immagine di rawpixel.com su Freepik

Conoscenza della natura del venditore

Altro tema importante introdotto dalla normativa omnibus è conoscere se un venditore di un determinato prodotto sia un professionista oppure un privato

Con il termine professionista, nell’ambito del Codice del consumo, si intende qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale. Mentre per privato si intende una qualsiasi persona che non effettui la vendita come prestazione professionale principale.

La differenza non è da poco, in quanto la vendita effettuata dal privato non ricade nelle disposizioni del codice del consumo, in quanto i soggetti del rapporto regolato da tale norma devono essere Consumatore e Merchant, ossia un venditore professionale.

In occasione delle vendite C2C (customer to Customer) troveranno applicazione le normali regole previste dal codice civile, che sono molto meno garantiste per l’acquirente rispetto a quelle del codice del consumo.

Come adeguarsi

Il testo della norma non fornisce criteri specifici su come adeguare le piattaforme per comunicare i criteri tramite i quali vengono mostrati i risultati di ricerca e per indicare se il venditore sia professionale o privato. Saranno quindi i player a dover scegliere le modalità che ritengono più opportune per informare il consumatore su questi punti.

È chiaro che tali modalità saranno poi oggetto di valutazione dell’Autorità che monitora l’applicazione della presente normativa.


Ci sono alcune linee guida ed in particolare per le ricerche, la direttiva indica che si può far riferimento a “qualsiasi criterio generale, processo, segnale specifico integrato negli algoritmi o qualsiasi altro meccanismo di aggiustamento o di retrocessione utilizzato in connessione con la classificazione”. Come già anticipato, la piattaforma non avrà l’obbligo di rivelare i propri algoritmi e il proprio funzionamento interno.

È sufficiente indicare i criteri di rilevanza che portano a costruire quella particolare classifica dei risultati così che il consumatore sappia che viene visualizzato un prodotto in quella determinata posizione perché c’è quella regola che ne determina il posizionamento.

Per quanto riguarda invece la natura del venditore, sarà sufficiente indicare se questo è un professionista o un privato. Nel caso in cui il venditore sia un professionista, questi avrà degli obblighi nei confronti del consumatore e tra quelli più importanti meritano menzione quelli volti a comunicare: 

  • le caratteristiche principali dei beni o servizi venduti;
  • le caratteristiche principali dei beni o servizi venduti;
  • le caratteristiche principali dei beni o servizi venduti;
  • le caratteristiche principali dei beni o servizi venduti;

A ciò vanno aggiunte tutte le altre disposizioni del codice del consumo che trova applicazione nelle vendite BtoC.

Le differenze non sono irrisorie: è sufficiente anche solo pensare alla garanzia legale che in caso di vendita tra privati può essere ridotta fino ad un anno oppure al diritto di recesso non previsto tra le vendite tra privati.

Sanzioni

Ovviamente la sanzione dovrà essere proporzionata al tipo di infrazione commesso, nonché verrà valutato il tipo di comportamento messo in atto dal professionista dopo un eventuale richiamo da parte dell’Agenzia. 

In ogni caso, perché rischiare quando bastano pochi passaggi e pochi accorgimenti per poter essere perfettamente a norma e non dover rischiare nulla. 

Conclusioni

Come abbiamo visto, l’introduzione della direttiva Omnibus aumenta l’attenzione verso il consumatore, tutelandolo e limitando le occasioni in cui lo stesso possa essere facilmente ingannato.

Allo stesso tempo dà alle piattaforme la possibilità di essere più moderne e sempre più trasparenti nei confronti dei consumatori, intervenendo su delle pratiche subdole, non facili da individuare ma che possono determinare le scelte dei consumatori rendendole non libere ma indotte indirettamente.

La riforma guarda sicuramente al futuro del commercio online, non sarà l’unica e verrà integrata con altre normative, per avere un pacchetto completo a tutela del consumatore e renderle davvero trasparenti e conformi ai principi Europei.