Non è una novità che Amazon si trova da diverso tempo al centro dell’occhio del ciclone: le indagini che coinvolgono il colosso dell’e-commerce sono legate a svariate violazioni della normativa antitrust dovuta a pratiche commerciali scorrette e lesive del mercato, che spesso mettono in crisi i venditori terzi che popolano la piattaforma.
Per evitare cospicue sanzioni da parte dell’antitrust, la società fondata da Jeff Bezos ha accettato di cessare molte di queste pratiche sleali e ciò consentirà ai Seller di operare più liberamente su Amazon.
Questo accordo farà risparmiare ad Amazon una sanzione di circa il 10% del fatturato dello scorso anno (470 miliardi di dollari), che rimane “congelata” fino alla scadenza degli impegni presi e alla realizzazione degli stessi. In sostanza se la piattaforma rispetterà tutti i punti dell’accordo non subirà mai la sanzione. Un bel risparmio tenendo presente che si tratterebbe di 47 miliardi di dollari.
Questo scenario potrebbe essere un punto di svolta significativo nella gestione delle politiche interne della società, seguito con particolare interesse dai Seller, i primi a beneficiarne in termini di tutela e sviluppo dell’attività sul portale.
La situazione di fatto e le attività contestate
Le indagini condotte dall’Antitrust hanno evidenziato delle pratiche lesive nei confronti dei seller in diversi ambiti:
- Politica sui prezzi
Amazon confronta costantemente i livelli di prezzi dei prodotti listati sul marketplace e oscura o toglie visibilità a quelli troppo alti rispetto a prodotti analoghi o rispetto a quelli che si trovano su altri canali distributivi.
Partiamo dal presupposto che Amazon dichiara apertamente nella Policy di essere l’azienda più attenta al cliente al mondo. E qual è uno degli aspetti tramite i quali si può manifestare l’attenzione verso il cliente? Ovviamente offrendogli un prezzo concorrenziale, ma non solo in riferimento al catalogo dei prodotti venduti e spediti da Amazon ma anche imponendolo ai venditori terzi. Ecco che i prezzi dei prodotti vengono monitorati costantemente (e automaticamente) dall’algoritmo che, se rileva qualcosa di anomalo, può sospendere l’ASIN n questione fino a quando il prezzo “corretto” non è stato ristabilito.
Se da un lato il consumatore giova di questa attenzione nei suoi confronti, dall’altro i venditori terzi, subiscono regole fortemente limitative della loro attività imprenditoriale di vendita sul marketplace.
Questa situazione, estremizzata nel periodo Covid-19, quando i prezzi di alcuni prodotti avevano raggiunto livelli davvero proibitivi, ha portato all’istituzionalizzazione della politica del prezzo equo che, in caso di violazione, può comportare addirittura la perdita dei privilegi di vendita.
Nello specifico sono stati elaborati dei criteri con i quali si individuano dei prezzi che “ledono la fiducia dei clienti” tra cui spicca “L’assegnazione di un prezzo, su un prodotto o servizio, notevolmente più elevato rispetto ai prezzi recentemente offerti sia su Amazon che su altri canali”.
Ed è proprio il confronto con i canali esterni che ha comportato il problema poi sfociato nell’inchiesta dell’autorità californiana.
Vien da se che se per rispettare la policy e mantenere la buybox occorre avere un prezzo inferiore rispetto ai canali esterni la conseguenza è che i prezzi presenti in Amazon dovranno subire un ridimensionamento al ribasso oppure, quelli nei canali esterni saranno aumentati, con pregiudizio per i consumatori.
2) Utilizzo dei dati non pubblici
Un altro punto riguarda l’accesso ai dati non pubblici da parte di Amazon, come ad esempio la richiesta di fatture d’acquisto, talvolta sino al produttore in modo da ricostruire la filiera e assicurarsi di mettere a disposizione prodotti non contraffatti, in sede di verifica dell’autenticità dei prodotti.
Questa pratica è assolutamente legittima in riferimento alla tutela dei consumatori e al divieto di favorire la distribuzione di prodotti contraffatti fin quando fin quando però, non sfocia in pratiche subdole a danno dei seller che si vedono copiati i propri prodotti talvolta addirittura fabbricati dai medesimi fornitori (conosciuti grazie alla documentazione fornita).
A volte capita anche che i produttori chiudano i rapporti commerciali con le PMI per concentrarci sui volumi ordinati direttamente da Amazon, grazie alla sua forza economica iponente rispetto ad un venditore terzo.
3)Prime gestito dal venditore
L’ultimo punto riguarda l’accesso all’etichetta PRIME.
Questo Badge consente una serie di vantaggi determinanti per gli Amazon seller in termini di visibilità e, conseguentemente, di volumi di vendita e viene assegnato a tutti coloro che utilizzano i magazzini FBA, a discapito della rete FBM ossia gestita dal venditore. In tal senso il marketplace premia e incentiva i merchant ad utilizzare il sistema di logistica interno, a svantaggio dei Seller che possono usufruire di un servizio indipendente.
L’accordo tra Amazon l’Antitrust
L’accordo annunciato il 20 di dicembre avrà durata dell’accordo sarà di 5 anni e si applicherà in modo esclusivo alle operazioni condotte da Amazon in Unione Europea.
L’accordo si inserirà in un quadro normativo generale che permetterà l’intensificazione del controllo sulle pratiche commerciali e sul trattamento dati messo in campo dalle grandi società del mondo tech.
Ma quali saranno i vantaggi per i Seller?
Amazon interromperà la raccolta di dati non pubblici, i Seller quindi non dovranno più temere di perdere i contatti coi propri fornitori.
Ma non solo: i Seller potrebbero godere dell’accesso ad una seconda BuyBox strumento rappresentato dai due pulsanti che inducono il cliente ad acquistare o aggiungere un prodotto al carrello. Amazon infatti ha dichiarato che sta valutando questa opportunità nel caso ricorrano i requisiti ma va compreso quali siano i presupposti per accedervi, quale sia la visibilità concessa a questo nuovo riquadro e se effettivamente sia efficace in termini di vendite.
L’accordo tra l’Antitrust e Amazon avrà un ulteriore beneficio per i Seller: infatti viene confermato che venditori potranno partecipare al programma Prime e godere dei suoi benefit senza essere obbligati ad usufruire del servizio di logistica Amazon. Col programma Seller Fullfilled Prime infatti sarà possibile ottenere l’etichetta utilizzando la propria logistica.
Va detto che ormai da tempo anche coloro che non utilizzano la logistica Amazon possono accedere all’etichetta PRIME con tutti i vantaggi che ne comporta, ma per farlo devono rispettare una serie di parametri stringenti. Questo accordo conferma l’impegno.
La novità si trova nel fatto che non si è più obbligati a siglare dei contratti con specifici spedizionieri (prima TNT e poi BRT) ma il seller sarà libero di negoziare un accordo con qualunque fornitore che sia in grado di assicurare un servizio rispondente agli stringenti parametri previsti da Amazon. Una bella novità rispetto al passato.
In conclusione è innegabile che ci sia sempre un’attenzione maggiore da parte delle istituzioni per i Big player del mercato soprattutto alla luce dell’importanza assunta da quest’ultimi nel quotidiano dei consumatori e delle aziende che utilizzano i loro strumenti.
Una regolamentazione è assolutamente auspicabile proprio a tutela di tutti i soggetti coinvolti. Staremo a vedere se quanto proposto sarà anzitutto rispettato e se sarà davvero efficace per contrastare le pratiche scorrette identificate.
Sono Alberto Caschili, Consulente Legale del Mondo Digitale