Un valore complessivo di 1,105 miliardi di dollari nel 2022; un brand value di 350 miliardi di dollari, secondo solo ad Apple; 300 milioni di utenti attivi al mondo. Numeri impressionanti per Amazon, che si conferma un player dominante nell’e-commerce. Nel 2021, le piccole e medie imprese italiane che hanno venduto sul marketplace di Amazon sono state più di 20.000, e oltre 200 hanno superato il milione di euro di vendite per la prima volta nel 2021. Ora, per molte aziende, è tempo di aggiornare le proprie strategie: Amazon, infatti, ha deciso di non rinnovare i contratti ai Vendor europei. Cosa comporta questa decisione? E quali modelli di business offre Amazon? Analizziamo insieme questi aspetti.
Indice
In questo articolo ci concentreremo su:
1. Introduzione
2. Quali sono le differenze tra Amazon Vendor e Amazon Seller?
3. Perché Amazon non rinnova più i contratti Vendor?
4. Quali sono le criticità?
5. Quali sono le opportunità per le aziende?
6. Conclusioni
1. Introduzione
Molte aziende, negli ultimi anni, hanno inserito nelle proprie strategie la possibilità di vendere i propri prodotti online, in particolare su Amazon. La vendita su questo canale, infatti, può rappresentare un’ottima opportunità per ampliare il business ed espandersi sui mercati esteri. In questo caso, la prima scelta strategica da compiere riguarda la tipologia di relazione commerciale che si intende avviare con Amazon tra due modalità di vendita che rispecchiano altrettanti modelli di business: il profilo Amazon Vendor oppure il profilo Amazon Seller. Vediamo alcune importanti differenze.
2. Quali sono le differenze tra Amazon Vendor e Amazon Seller?
Innanzitutto, è necessario fare una premessa: la scelta tra questi due profili non è libera, poiché la possibilità di diventare Vendor è subordinata alla ricezione di un invito diretto da parte di Amazon. Il Vendor, infatti, è un venditore “diretto”, spesso un grande brand o un produttore profittevole, che intende utilizzare questo canale per vendere grandi volumi di merce e non è interessato a mantenere un contatto diretto con il cliente finale. Il rapporto segue una logica Business to Business simile a quella della GDO, e dunque i prodotti vengono venduti all’ingrosso ad Amazon che poi si occuperà della vendita: questa merce apparirà poi all’utente finale sul marketplace con la scritta “venduto e spedito da Amazon”, una “etichetta” che contribuisce ad aumentare la fiducia dei potenziali clienti nel prodotto.
Le differenze più importanti con il profilo Seller derivano soprattutto dal soggetto che esercita il controllo sulla maggior parte degli aspetti della relazione commerciale. Nel caso del Vendor Central, infatti, è Amazon a controllare il pricing – le aziende non hanno alcun potere decisionale sul prezzo di vendita al pubblico – fatto che spesso comporta margini più ridotti. Inoltre, è sempre Amazon ad occuparsi dell’inventario – dunque a scegliere i prodotti e la relativa quantità da acquistare dal Vendor – in passato anche la pubblicità veniva gestita in modo centralizzato, oggi invece il pannello è molto simile a quello del seller central, tanto che è possibile switchare dall’uno all’altro della stessa azienda. Questo modello di business semplificato prevede che anche gli aspetti relativi alla fatturazione, alla gestione dei resi e al customer service siano gestiti da Amazon. Il Vendor deve fare molta attenzione alla logistica: disponibilità prodotto, conferma dell’ordine di acquisto entro le 24 ore, imballaggio, tempistiche di approvvigionamento e consegna ai magazzini Amazon devono essere assolutamente rispettati così come definito in sede contrattuale, altrimenti scattano delle penali. Amazon paga i Vendor a 60-90 giorni, dunque va considerato il rischio di cash flow.
Al contrario, con il profilo Seller si fa riferimento ad un modello di business dove brand e aziende vendono i propri prodotti in maniera autonoma direttamente ai clienti su Amazon mediante un proprio center presente sul marketplace: non sarà pertanto presente la scritta “venduto e spedito da Amazon”. A differenza del Vendor, il Seller ha più possibilità d’azione: può scegliere i prodotti da vendere, è libero di definire i prezzi e i relativi margini. Inoltre, ha il controllo sulla creazione dei cataloghi e delle schede prodotto – mediante strumenti aggiuntivi come gli Enhanced Brand Content –, e può affidarsi ad una logistica propria, scegliendo solo eventualmente che il prodotto sia spedito da Amazon (Fulfilled by Amazon). In quest’ultimo caso, Amazon gestirà anche i resi e la fatturazione se il seller decide di utilizzare questo servizio. Inoltre Amazon paga i Seller generalmente ogni 2 settimane ma c’è chi richiede i pagamenti giornalmente e dunque non sussiste il rischio di carenza di cash flow, quantomeno non come accade con l’altro sistema.
Per quanto concerne l’aspetto dell’advertising, le differenze fra i due profili si sono progressivamente assottigliate: sia i Vendor che i Seller hanno accesso ad un ampio ventaglio di strumenti di marketing.
3. Perché Amazon non rinnova più i contratti Vendor?
Con una comunicazione inviata per email a tutti i soggetti coinvolti, Amazon ha deciso di cessare le relazioni commerciali basati sul modello Vendor, interrompendo a partire dal 2024 il proprio rapporto con oltre 20mila vendor europei. All’interno della mail, Amazon ha comunicato ad ogni Vendor la data dalla quale cesserà di rifornirsi di merce, invitando l’utente commerciale a distribuire i propri prodotti sul Marketplace come venditore terzo: di fatto, si tratta di un invito a diventare un Seller.
Siamo di fronte ad una decisione annunciata: infatti, già il 3 marzo del 2019 Amazon aveva inviato la medesima comunicazione ai Vendor degli Stati Uniti, e sembra che il colosso di Seattle abbia in previsione di interrompere i contratti anche con quei brand diretti che non realizzano volumi di vendita interessanti. In sostanza, Amazon replica quanto già fatto sul mercato statunitense, eliminando tutti gli intermediari con i produttori e ponendosi come unico distributore dei brand.
È evidente che Amazon ha una forza economica tale da potersi permettere una svolta di questo tipo, andando nella direzione del contenimento delle spese della catena di approvvigionamento, a fronte della conseguente possibilità di mantenere inalterati i suoi margini tenendo bassi i prezzi per gli utenti finali, anche in un contesto macroeconomico caratterizzato da un’alta inflazione e dall’aumento dei costi operativi ed energetici.
4. Quali sono le criticità?
L’evidente centralizzazione messa in atto da Amazon con questa decisione assomiglia molto ad un monopolio, una condizione che il Digital Markets Act, entrato recentemente in vigore, mira a contrastare in una prospettiva di maggiore equilibrio e concorrenza del mercato. L’obiettivo principale, infatti, del provvedimento, è di regolare il ruolo nei mercati digitali dei cosiddetti “gatekeeper”. Questo termine si riferisce a tutti quei soggetti che possono interpretare un ruolo particolarmente impattante sul mercato, mettendo a disposizione punti di accesso a un gran numero di venditori per raggiungere non solo il mercato dell’Eurozona, ma anche estero. In conseguenza della posizione cruciale assunta dai gatekeeper, questi finiscono con esercitare anche la facoltà di dettare condizioni commerciali in maniera unilaterale, non di rado in modo pregiudizievole sia per i venditori che per gli utenti finali.
Pertanto, il Digital Markets Act individua tra servizi a più alto rischio per i fenomeni di gatekeeping sono proprio quelli “di intermediazione online, i motori di ricerca online, i sistemi operativi, i social network online, i servizi di piattaforma per la condivisione di video, i servizi di comunicazione interpersonale indipendenti dal numero, i servizi di cloud computing, gli assistenti virtuali, i browser web e i servizi pubblicitari online, compresi i servizi di intermediazione pubblicitaria”. Resta da verificare, dunque, la compatibilità con le disposizioni del Digital Markets Act della decisione di Amazon di non rinnovare i contratti Vendor, in quanto pone il colosso di Seattle in una posizione di monopolio sulla quale Commissione europea potrebbe decidere di esprimersi.
5. Quali sono le opportunità per le aziende?
Come avvenuto durante il periodo pandemico, che ha letteralmente riscritto la geografia del retail in Italia spingendo molte aziende a rivedere i propri business plan anticipando, in molti casi, la digitalizzazione delle supply chain e della customer journey, anche in questo caso la decisione di Amazon può accelerare dei processi già in atto in maniera latente.
I Vendor che desiderano proseguire la propria attività su Amazon hanno la possibilità – e il tempo – di aggiornare le proprie strategie senza necessariamente accogliere questa novità come un fattore negativo. Al contrario, può essere colta l’opportunità di adeguarsi a questo cambiamento del mercato diventando un Seller, riorganizzando il proprio modello di business considerando l’apertura di un negozio proprietario sul marketplace, nell’ottica di una graduale trasformazione da distributore a produttore in grado di competere con gli altri venditori al cliente finale.
Per raggiungere questo obiettivo sarà necessario anche aggiornare l’organizzazione aziendale interna, andando a prevedere l’introduzione di una figura – Amazon Account Manager – o esternalizzare il servizio ad un collaboratore esterno o ad un’agenzia specializzata – che sia in grado di gestire le vendite sul portale, affrontare ogni criticità e portare l’azienda a distribuire i propri prodotti nel mercato nazionale ed estero. Va, inoltre, considerata, la possibilità – passando da Vendor a Seller – di poter raggiungere margini di guadagno maggiori a fronte di volumi di vendita minori. Un modello di business, dunque, completamente differente.
Per molte aziende va inoltre considerata la possibilità di diversificare la propria presenza sui marketplace: anche a fronte di altri canali come un sito proprietario di e-commerce o il presidio di altri marketplace come Ebay o Etsy, “sbarcare” anche sul marketplace di Amazon con una propria vetrina può essere utile per creare altri touchpoint digitali e rendere più completa la propria offerta.
6. Conclusioni
Lo “scossone” sul mercato è notevole: la decisione di Amazon di non rinnovare i contratti Vendor andrà a ridisegnare molti rapporti di forza. Tuttavia, c’è tutto il tempo, per gli Amazon Vendor, di elaborare un piano B e non farsi trovare impreparati; dall’altro lato, il modello basato sui Seller, prevalentemente B2C, è destinato ad acquisire sempre maggiore centralità sul mercato di Amazon, offrendo molte possibilità a chi intende essere presente anche su questa piattaforma. Ricordiamoci infatti che oltre il 50% del fatturato complessivo di Amazon, 429 miliardi di dollari nel 2022, è generato da venditori terze parti che operano sulla piattaforma. È tempo di rivedere le strategie.
Sono Alberto Caschili, Consulente Legale per il Mondo Digitale.